USCIO 1824 – 2024

Due secoli sono trascorsi da quando Giuseppe Terrile, un ingegnoso padre di famiglia (come si diceva ai tempi) dedito alla cura della sua modesta proprietà rurale,decise di iniziare la produzione di orologi da torre: un’idea cullata a lungo e preceduta da piccoli lavori di meccanica e falegnameria che lo portò a metter mano al suo primo orologio, in legno, nel 1825, a concluderlo nel 1827 per infine montarlo sul campanile della chiesa di San Siro di Struppa a Genova.

Il 1824 non cambia solo la vita di Giuseppe Terrile che da contadino proprietario si eleva, grazie ai suoi talenti, a mastro orologiaio e capostipite di una dinastia che ha lasciato il segno nell’industria del luogo natio ed anche della vicina Recco; ma fa di Uscio, a pieno titolo, il paese degli orologi, appellativo di cui ancora oggi si fregia grazie alla ditta “Roberto Trebino” ed al loro Museo dell’orologio da torre. Sì, perchè a partire dal 1824 dalla competizione fra le due antiche stirpi di maestri orologiai, i Bisso ed i Terrile, ed anche all’interno di ciascuna famiglia, è tutto un fiorire di innovazioni tecniche, nuove fabbriche, progresso e, non ultimo, benessere. L’assolato paese al crocevia delle antiche mulattiere fra il mare ed i monti comincia ad essere conosciuto in tutta la Liguria, ed oltre, per i bianchi quadranti con i numeri romani che scandiscono la vita delle comunità ed il lavoro dei campi, annunziano le gioie ed i lutti, avvisano del pericolo e richiamano alla festa; per noi, figli di una società post moderna, è difficile comprendere: ma quelle lancette in ferro battuto accarezzavano l’intimità delle persone, in quegli ingranaggi fatti a mano stava racchiusa l’identità di un popolo.

Un ingegno ed uno spirito imprenditoriale che non ti aspetti in un paese appenninico di due secoli fa; anche perchè dietro al lavoro manuale c’era un complicatissimo lavoro di calcolo, con paginate di conti fatti a mano e vergati fitti con l’inchiostro a china per risparmiare la carta. Ma l’aspetto che più commuove è il lato umano, le storie di vita vera nascoste dietro queste macchine di precisione. Davide Bisso, discendente da una stirpe di maestri orologiai che nelle carte di famiglia si fa risalire al 1758 (Uscio non ha nulla da invidiare dunque alle più antiche fabbriche svizzere), consegna il primo orologio nel 1848, all’età di soli dodici anni: il meccanismo era stato quasi terminato dal padre, che muore per un’ernia procuratasi nel sollevare un tronco destinato a divenire un ceppo per campane. Quando il parroco vede arrivare questo ragazzino con gli ingranaggi da montare vuole mandarlo via, ma lui ha una mamma ed un fratellino più piccolo da mantenere, non desiste ed inizia così una proficua attività che unirà, per trentotto anni, alla carica di sindaco del paese. Dei suoi figli, Genesio pur proseguendo l’attività diviene un pioniere dell’automobilismo ed apre la prima linea di corriere fra Genova, Uscio e Chiavari mentre Emanuele trasferisce l’attività in Recco. Del lato umano di Giuseppe Terrile, che cambia la sua vita grazie alla volontà ed alla dedizione, già abbiamo fatto cenno e probabilmente la stessa buona volontà potremmo dire dei suoi figli, Luigi ed Angelo.

Ma, a dispetto di un’attività per l’epoca prettamente maschile, è una donna che fa la differenza nella storia degli orologi: Vittorina, figlia del sunnominato Luigi Terrile, sposò un Trebino dando alla luce due maschi, Enrico e Roberto, che allevò insieme ad un altro bambino, Roberto Williams. Nel 1922 Enrico Trebino e Roberto Williams fondano la “Trebino & Williams”, cui parteciperà anche Roberto Trebino nel 1931 a seguito della prematura morte del fratello (questa ditta in seguito si scioglierà dando vita alla “Fabbrica Orologi Pubblici Williams” ed alla “Roberto Trebino”).

Fra il preciso movimento degli ingranaggi scorrono dunque vite, sentimenti, emozioni, sensazioni: per dirla con Proust “i giorni sono forse uguali per un orologio, ma non per un uomo”.